Parole Gentili

Liberi di essere come piace a noi. Una famiglia diversa e il pesto di fave.

Le voleva scegliere lui.

 

A fine aprile nonno portava a casa le fave.

Le andava a prendere al mercato, al banco di Irmo il contadino che gliele faceva scegliere senza mettergli fretta perché sapeva che nonno voleva solo quelle belle piene.

Nonna e io ci facevamo trovare già pronte intorno al tavolo di marmo, ma prima di iniziare ci gustavamo un buon caffè caldo e poco zuccherato.

Il trucco per sgranarle bene.

Le fave venivano tolte dalla busta che nonna appendeva allo schienale della sedia di legno e serviva per metterci i baccelli vuoti.

Per sgranarle c’era un metodo; si spezzavano le due estremità e poi si tirava il filo per prelevare i semi.

Mentre io facevo questa parte del lavoro nonno, che era il più paziente di noi tre, toglieva la pellicina sottile presente sul seme e nonna iniziava a mettere su l’acqua da far bollire.

Un piatto da minestra è sufficiente.

Quando avevamo riempito di fave un piatto da minestra, l’acqua era pronta e si potevano calare i semi per farli sbollentare giusto cinque minuti.

Nonna li scolava e li sistemava in una ciotola sul davanzale della finestra aperta per farli raffreddare velocemente.

Quello era il momento che preferivo perché nell’attesa nonno mi chiedeva notizie della scuola, delle mie amiche Luciana e Claretta che stavano con me dalla prima elementare, delle canzoni in voga in quel periodo.

Mi faceva sentire amata.

E di tutto era curioso e a tutto era attento in quel suo modo che mi faceva sentire amata.

Nonna invece chiedeva poco e si limitava ad annuire alle cose che secondo lei erano buone e a borbottare su quelle che le parevano fuori luogo come le gonne troppo corte di Luciana.

Le mie le cuciva lei e sulla lunghezza non si discuteva; al ginocchio.

Quello dettava la decenza.

A scuola mi chiamavano “Milena la minilonga”.

La magia del mortaio di legno.

Appena le fave si erano freddate, sul tavolo appariva come per magia il mortaio di legno con il suo pestello e nonno si tirava su le maniche della camicia per iniziare a schiacciare i semi ammorbiditi mentre io, ad ogni suo cenno della testa, aggiungevo l’olio di oliva a filo.

Nel frattempo nonna racimolava tutti gli avanzi dei formaggi stagionati e li grattugiava sprigionando un profumo che ancora ricordo e che associo all’odore delle pecore e dei pascoli.

Poi si cercavano in dispensa le ultime noci rimaste dall’inverno passato e anche quelle finivano nel mortaio insieme agli altri ingredienti e a un generoso pizzico di sale.

Nonna andava a occhio, ma non era vero.

Nonna a questo punto iniziava a impastare farina e uova per fare le fettuccine e ogni volta lui chiedeva «Qual è la proporzione?» e lei rispondeva «Vado a occhio» per fargli dispetto, ma sul quaderno delle ricette aveva scritto che ci voleva un uovo ogni 100 grammi di farina.

Il pranzo in famiglia.

L’acqua era messa di nuovo in cerca del bollore, ma stavolta la pentola era quella grossa e la cucina a poco si animava della presenza di figli e nipoti che erano stati invitati a pranzo.

Nonno versava il pesto di fave in una grossa padella e lo “ammorbidiva” con qualche cucchiaio di acqua calda in cui erano cuocevano le fettuccine.

Senza regole è più buono.

A volte si apparecchiava nella sala da pranzo ma spesso si mangiava un po’ alla buona, intorno al tavolo della cucina, chi seduto con un bicchiere di vino davanti, chi in piedi a guardare dalla finestra la sagoma del Vesuvio, chi in terra, sul pavimento a cementine, leggendo giornaletti.

E quelle erano le volte che preferivo.

Quelle senza regole oltre a quella di stare bene insieme e di essere liberi di godere del cibo come ci pareva a noi.

 

 

Milena Maggio
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Milena Maggio

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8 Commenti

  • Gabriella

    È quello stare insieme libero che oggi manca, oltre agli aromi del cibo genuino che riportano al ricordo di quei gesti semplici e naturali. Spesso nei tuoi racconti mi ritrovo in scene quotidiane vissute a casa dei nonni o lì tra le pieghe del tempo nei tuoi scritti. Grazie 😘

    • Milena Maggio

      Riuscire a risvegliare nelle persone ricordi cari è fonte di grande gioia per me🥰

  • Roberta

    Grazie ❤️

    • Milena Maggio

      Grazie a te Roberta ♥️

  • elvira

    E già Milena, ai nostri giorni si direbbe che mi sono “teletrasportata” nel tempo e nello spazio in un posto dove l’anima sta bene e si riconosce con anime simili ed empatiche, non per niente andiamo a braccetto anche adesso…. che bello essere entrata in una famiglia così SPECIALE, UN PRIVILEGIO 😘

    • Milena Maggio

      Sapessi la gioia di sapere usare la macchina del teletrasporto! Mi sembra di essere sull’ Enterprise in una puntata di Star Trek!😘

  • elvira

    Milena… che dolci momenti, arriva fin qua il profumo dei cibi e ancor più dei momenti di condivisione, impastati di tradizione e di importanti presenze, tutto si mescola alla farina delle fettucine che si sposeranno con quel generoso pesto, sembra di essere là, ad assaporare la spontaneità e la semplicità di quei tempi, in quella cucina accogliente, più simpatica e ammiccante della sala da pranzo, grazie perché mi sento invitata anch’io

    • Milena Maggio

      Cara Elvira, ricordo perfettamente la tua presenza a quei gioiosi pranzi.
      Vedi? Leggendo e commentando sei entrata di diritto nella mia famiglia!🥹😘

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