Zelda guarda il riflesso del suo volto nello specchio chiedendosi cos’è che non va in lei. Desidera intensamente raggiungere la pace interiore, l’equilibrio che le permetterebbe di affrontare ogni momento della sua giornata con un sorriso, di trascendere ogni disagio, di essere amabile allo stesso modo con chi le vuol bene e con chi la ferisce. Ha provato con la pratica yoga e poi con lo zen, ma le succede sempre la stessa cosa, appena le propongono di approfondire, di passare a un altro livello, lei si chiama fuori. Shoran ha reagito diversamente dal maestro yoga, sorridendo e dicendole di non preoccuparsi, non è semplicemente il momento di farlo, ma Zelda sa di aver deluso anche lui e se pure così non fosse, sente di aver deluso sé stessa.
La gita al lago.
Un’amica la chiama per proporle una gita al lago e che non le venga in mente di rifiutare perché ha bisogno di aria, luce e riflessi dorati sull’ acqua.
Zelda accetta a fatica, non ha molta voglia di uscire ultimamente.
Pratica ogni mattina il saluto al sole, medita per venti minuti tutte le sere ma piange un poco nel buio di notte, prima di addormentarsi.
Il ristorante sul lago.
Il lungolago di Trevignano le è sempre piaciuto, è spazioso e piacevole da passeggiare, con tanti caffè e ristorantini, a due passi dal lago, dove mangiare ammirando le famiglie di anatre che sfilano elegantemente sul pelo dell’acqua.
Il ristorante che hanno scelto per il pranzo ha preso la loro prenotazione ma c’è da attendere una mezz’ora prima di avere il tavolo, al momento occupato da una coppia tedesca che sta assaporando con lentezza esasperante due porzioni di tiramisù.
La coppia di stranieri.
Zelda li osserva con curiosità, sembrano molto affiatati, avranno cinquant’anni, parlottano tra loro a voce bassa, ogni tanto guardano il lago e annuiscono come se lo stessero facendo alla vita. Sono entrambi in sandali, pantaloni cargo e maglietta. Sembrano fratello e sorella più che marito e moglie, si somigliano. Forse lo sono davvero. Zelda non riesce a staccare gli occhi da loro. Per un misterioso motivo ne è affascinata. I due se ne accorgono e accennano un saluto con un piccolo movimento della testa al quale lei risponde con un sorriso imbarazzato.
La donna dice in un italiano più che passabile “La vostra terra è così affascinante. Deve essere facile sentirsi felici qui”.
L’invito.
Poi si alza e la raggiunge mentre il marito o fratello resta seduto e si accende un sigaro. La tedesca chiede a Zelda se le va di camminare un poco insieme mentre suo cugino (ah ecco!) fuma, dice che a lei l’odore del sigaro non piace.
Zelda guarda la sua amica stesa al sole sulla spiaggetta in attesa che si liberi il tavolo. Sembra addormentata, non si accorgerà neppure della sua mancanza per una decina di minuti e acconsente alla proposta della donna.
Mentre camminano sul lungolago Zelda ha modo di osservarla, è davvero bella. Non la bellezza algida delle donne del nord, è più che altro armoniosa. Nonostante abbia un naso importante messo in risalto dal taglio cortissimo dei capelli.
Il castello pietrificato.
Ecco che si fermano, le due donne estranee fino a qualche minuto prima, ad ammirare un artista che costruisce un castello sulla sabbia impilando una sull’altra delle pietre piatte in equilibrio tra loro. L’uomo le saluta con un allegro “Buongiorno” e loro lo ricambiano con lo stessa leggerezza. La tedesca chiede cosa ne sarà stanotte di quel castello e lui risponde che verrà un re a cavallo a portarselo via.
Ridono. Ed è bello ridere per un nulla che poi sembra essere tutto in quel momento. E quel momento sembra essere tutta la vita.
Le panchine letterarie.
Poco più in là c’è una strana panchina a forma di libro aperto. La tedesca la trova bellissima e Zelda le dice che fa parte di un gruppo chiamate le panchine letterarie.
“Le conosco. Ne ho viste anche a L’Aquila, in centro. Che città incredibile! Assassinata dal terremoto eppure caparbia nel voler rinascere. Ma forse assassinata non è la parola adatta, vero?”
Zelda sorride annuendo “Sì forse è un po’ esagerata”.
Decidono di sedersi sulla panchina letteraria e restano in silenzio a contemplare il lago. Il sole, velato da nuvole sottili, non ferisce lo sguardo e Zelda gode di quel momento perfetto in piena coscienza
Tutto è servito.
“Non è stato inutile” dice la tedesca.
“Cosa?” Chiede Zelda sobbalzando. Forse ha perso l’inizio del discorso?
“La crisi, lo yoga con il maestro burbero, lo zen con Shoran, persino il prurito al tuo orecchio sinistro. In effetti ogni cosa è servita a condurti qui, davanti al lago, a godere di questo attimo eterno in quanto attimo presente che stai vivendo in perfetta consapevolezza. Senza pensieri che vagano tra passato e futuro. L’illuminazione non esiste in quanto fine da raggiungere Zelda. L’illuminazione è semplicemente l’accettazione di questo istante senza pretesa che esso sia diverso da ciò che già è.
È in questa accettazione che si trova la nostra immensa forza. Se accettiamo la vita per quella che è, non ne siamo più condizionati”.
La misteriosa tedesca
Zelda guarda la tedesca a bocca aperta. Non sa neppure se le parole appena ascoltate siano state davvero pronunciate o se l’intero dialogo sia solo frutto della sua immaginazione.
La tedesca dice “Dovremmo andare, credo che mio cugino abbia finito il suo sigaro” e subito si alza avviandosi verso il ristorante.
Come un miraggio.
Zelda resta seduta ancora qualche secondo, in completa confusione mentale e poi s’incammina nella sua scia ma la tedesca sembra scomparsa.
Subito dopo vede la sua amica con le braccia in alto, che la esorta a sbrigarsi.
“Il tavolo si è liberato! Dov’eri finita?”
“Hai visto dove sono andati?”
“Chi?”
“I tedeschi che occupavano il tavolo! Hai visto che direzione hanno preso?”
“Ma che dici? Il tavolo era occupato da una famiglia siciliana! Stai bene Zelda? A te lo yoga e lo zen…troppa roba. Senti a me, andiamo a farci un piatto di spaghetti che è meglio!”
Il segreto dell’accettazione
Zelda vorrebbe rispondere che invece ogni attimo vissuto è stato funzionale alla felicità che avverte in quell’istante e che quell’istante stesso sarà prezioso per ciò che le accadrà in futuro perché del futuro, vada come vada, non ha più paura e del passato non avverte più la pesante influenza. Ciò che sta vivendo in quel tempo presente è semplice serenità che nasce dallo stare bene proprio lì e dalla certezza che allo stesso modo starebbe bene altrove, oppure no, oppure in un luogo caotico si sentirebbe a disagio, ma sarebbe pronta ad accettare anche quel disagio che come la felicità è figlio dell’impermanenza.
Noi siamo il nostro tempo.
Tutto questo Zelda vorrebbe dire e sa che avrà tempo di viverlo e raccontarlo a chi vorrà ascoltare una bella storia, ma la sua amica ha fame e lei pure, quindi risponde “Sì, andiamo” e già avverte l’odore del pomodoro fresco e del basilico.
Fine della storia di Zelda.
7 Commenti
Illuminante come sempre, grazie Milena ❤️ questi attimi di “presenza” li vivo proprio quando leggo le tue parole ❤️
Un grande onore per me e di questo ti sono grata❤️
Ė sempre un grande piacere leggerti! Mi immergo talmente nelle tue parole, che perdo la cognizione del tempo e dello spazio…. Anzi, sono nella storia, fuori dal mondo. Grazie.
Ogni volta che scrivete che vi sembra di essere nella mia storia, in quell’esatto momento ringrazio il mio dono di riuscire a portarvi con me.❤️
Sembra scritto per me , cose che sapevo Gia ma che non mi vengono mai in mente quando servono,ma te me le hai ricordate al momento giusto ,ora sono pronta ad affrontare la giornata ,con un po’ di tristezza ma illuminata dalla consapevolezza che ogni cosa e’ giusta così…Gia un po’ di gioia mi invade …grazie
… Milena, il bel “messaggio” arrivato a Zelda è giunto piacevole e cristallino nella sua nitidezza anche a me, seppure mi è amico da tempo mi è entrato all’interno proprio come il piacevole beneficio delle mani che ti fanno un massaggio ayurvedico, bello perché vissuto partecipando alla piacevole scoperta di Zelda,
sei sempre piacevole Milena, i tuoi episodi sono una piccola e preziosa oasi di pace nella giornata, un incontro sereno e soffice, grazie
Grazie infinite Elvira.❤️