Parole Gentili

STORIA DI ZELDA E DELLA SUA ILLUMINAZIONE – PARTE 4

Il mio regno per un mandarino.

Zelda osserva Shoran ammirata, sembra così entusiasta della vita anzi, non sembra, lo è proprio! Ne ha la prova al momento della frutta, quando dalla busta del supermercato uno dei partecipanti estrae dei mandarini che sembrano aver avuto giorni migliori.

Il ragazzo che li ha portati è mortificato e fa per scusarsi iniziando a dire che non ha avuto tempo di cucinare, ma Shoran lo tace con un gesto della mano e un sorriso come a dire “Non importa”, poi prende un mandarino e se lo rigira tra le mani lodandone il colore della buccia.

Tutti fanno silenzio e lo guardano un po’ stupiti perché quel frutto è talmente malmesso che anche il colore vira al marroncino più che all’arancio di certi tramonti infuocati che il maestro sta evocando. Dopo averlo lentamente sbucciato Shoran lo divide in due parti, stacca uno spicchio raggrinzito, lo porta alla bocca e chiudendo gli occhi lo assapora lentamente e lo gusta manco fosse il mandarino migliore di tutta la Sicilia!

Infine porge gli altri spicchi ai commensali che sono seduti accanto a lui invitandoli ad “assaggiare quel nettare”.

Sarebbe bello.

Qualcuno declina l’offerta.

Zelda non ha il coraggio di farlo e lo porta alla bocca chiudendo gli occhi, come le ha chiesto di fare il maestro.

Sarebbe bello ora poter scrivere che per miracolo nella cavità orale di Zelda si sprigiona un’estasi di gusto agrumato, ma a questo punto della storia l’illuminazione non è ancora stata raggiunta e quindi tutto ciò che lei può fare è fingere che il mandarino sia buono.

Shoran la guarda divertito e poi le chiede «Vuoi il resto del mandarino o preferisci continuare il ritiro e riprendere a piangere?»

Zelda risponde che non sempre le lacrime sono amare.

La rabbia di fondo.

Gli incontri con Shoran si susseguono intervallati da periodi di vuoto cosmico in cui Zelda fatica a trovare il giusto equilibrio per affrontare con serena pace la vita quotidiana, specialmente quando deve fare i conti con quella sensazione di rabbia che l’attanaglia nei momenti più impensati, quelli in cui potrebbe anche star bene.

Lei la chiama ‘la rabbia di fondo’ e ne parla a Shoran durante una delle pause del ritiro.

«Rabbia per cosa?» le chiede.

«Per tutto ciò che non sono riuscita a realizzare» risponde lei.

«Quindi stai provando rabbia per qualcosa che non esiste, ti stai concentrando con pensieri che generano sentimenti, stai impiegando il tuo tempo, una buona parte del tuo tempo da quel che mi racconti, consumando energie per alimentare questa rabbia della quale vorresti liberarti?»

Zelda ammette che è proprio così e aggiunge che oltre alla rabbia prova anche vergogna di essere così arrabbiata.

Se il problema è tuo.

Shoran tace, poi prende un libriccino e inizia a leggere in silenzio.

Zelda non comprende, attende un po’ pensando che lui stia cercando tra le pagine una frase illuminante da recitarle ma il maestro continua la sua lettura, completamente isolato dal contesto che lo circonda.

«Shoran, potresti dirmi come affrontare il mio problema?» domanda Zelda dopo qualche minuto.

Lui chiude le pagine del libriccino e poi le dice «Se il problema è tuo, come posso risolvertelo io?»

Zelda avverte le lacrime pungerle gli occhi, vorrebbe urlare ma sa di non poterlo fare, non contro Shoran e allora sussurra solo un flebile «Ti prego, ho bisogno di aiuto».

La fotografia.

Shoran le sorride e dopo averle carezzato il viso le dice «Le mie parole non volevano essere indifferenti o sprezzanti, è solo che il problema è davvero il tuo nel senso che tu sola puoi decidere in che modo impiegare il tuo tempo, i tuoi pensieri, la tua energia vitale. Potrei dirti di lasciar andare e vivere nella pace, ma ciò basterebbe per cambiare il tuo sentire? Eppure è esattamente ciò che dovresti fare. Immagina di essere davanti a un meraviglioso panorama e di volere scattare una foto, ma ti accorgi che proprio davanti a te è parcheggiata un’automobile che, se inquadrata, rovinerebbe la fotografia. Allora fai un po’ di prove, ti sposti di lato o vai più avanti, alzi la macchina fotografica, sali su un gradino e alla fine riesci a scattare una bella foto in cui l’auto non compare. Però c’è, ma tu hai scelto di adoperarti in modo che la tua attenzione e quella di chi osserverà la foto non sia su di essa. L’hai fatta sparire concentrandoti su altro. Non l’hai alimentata».

Il problema esiste solo nella mente.

Zelda è perplessa «Ma fare in questo modo è come fingere che un problema non esista!”

Shoran le risponde con voce paziente «Nessun problema esiste al di fuori della tua mente. Sei tu a crearlo. Prova ne è, che a parità di condizioni, un fatto che per te rappresenta un ostacolo, per un’altra persona è un’opportunità e per un’altra ancora qualcosa a cui è indifferente. E se sei tu ad averlo creato, allora puoi anche ignorarlo. Tutto ciò che riguarda la tua vita è sempre in tuo potere Zelda, perché è tua la scelta di come reagire a qualsiasi evento. Sempre»

Zelda dice che questa cosa della scelta le sembra una mezza fregatura e Shoran ride di gusto «Il potere implica la responsabilità delle proprie scelte. Vorresti forse delegare ad altri il potere sulla tua vita?»

Un po’ di più.

Shoran la sta osservando dall’inizio del ritiro e Zelda avverte la potenza del suo sguardo anche quando volge le spalle al maestro. Dopo il pranzo, allegro e cordiale come è ormai d’abitudine, le dice che desidera parlare con lei prima di iniziare la passeggiata meditativa. Mentre gli altri partecipanti al ritiro si godono ancora il sole del primo pomeriggio in cortile, Zelda ascolta la proposta di Shoran seduta a gambe incrociate sul suo tappetino, annusando l’incenso al gelsomino appena acceso che inizia a diffondere le note fiorite nell’aria.

Il maestro le propone di trascorrere parte dell’estate nella Casa da lui fondata, immersa nel verde di un bosco alpino, insieme a un piccolo gruppo di persone, per fare un’esperienza intensiva. Sarà come calarsi un po’ di più nella magica grotta dello zen.

Shoran le dice che sicuramente è pronta per farlo.

E Zelda inizia a grattarsi l’orecchio sinistro.

(continua)

 

 

 

 

 

 

 

Milena Maggio
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